martedì 19 aprile 2011

NOMI DI PAESE, Marcel Proust.

Le parole ci presentano, delle cose, una piccola immagine chiara e abituale, come quelle che si appendono ai muri delle scuole per dare ai bambini l'esempio di quel che sia un banco, un uccello, un formicaio: cose concepite come simili a tutte le altre della stessa specie. Ma i nomi presentano, delle persone- e delle città che ci abituano a credere individuali, uniche come persone-, un'immagine confusa che trae da loro, dalla loro sonorità squillante o cupa, il colore di cui è dipinta uniformemente, come uno di quei manifesti, interamente azzurri o interamente rossi, nei quali, a causa dei limiti del procedimento impiegato, o per un capriccio del decoratore, sono azzurri o rossi non soltanto il cielo e il mare, ma le barche, la chiesa, i passanti. Il nome di Parma, una delle città dove desideravo maggiormente andare, dopo aver letto LA CHARTREUSE, mi sembrava compatto, liscio, color malva e dolce; se qualcuno mi avesse parlato di una qualsiasi casa di Parma nella quale sarei stato accolto, mi avrebbe procurato il piacere di pensare che avrei abitato in una dimora liscia, compatta, color malva e dolce, priva di rapporto con le dimore in qualsiasi altra città d'Italia, dato che l'immaginavo soltanto in virtù di quella sillaba greve del nome di Parma, dove non circola aria, di tutto quel che le avevo fatto assorbire di dolcezza stendhaliana e del riflesso delle viole. E quando pensavo a Firenze, vi pensavo come a una città miracolosamente profumata e simile a una corolla, dato che si chiamava la città dei gigli e la sua cattedrale Santa Maria del Fiore.
parma

firenze

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