mercoledì 11 maggio 2011

la madeleine, di Giacomo Papi

Se Marcel Proust uscisse dalla tomba per aggiornare la Recherche, si metterebbe alla ricerca delle nuove madeleine, dei sapori e degli odori capaci di suscitare la memoria involontaria e resuscitare l'infanzia. Direbbe - credo - che rispetto ai tempi suoi il tempo perduto si è vissuto di meno, ma si è guardato e ascoltato di più e dedicherebbe un capitolo ai vecchi cartoni, telefilm e videoclip du YouTube. Suoni e immagini, però sono esterni al corpo e non fissano i ricordi come i suoni e gli odori, che ti penetrano in gola e nel naso. Se Proust domandasse in giro, come ho fatto io nel mio piccolo, nessuno gli parlerebbe mai di uova sbattute, pane burro e zucchero, torte della nonna e marmellate della zia. Ma raccoglierebbe questo inventario di puzze e profumi, leccornie e schifezze in cui è rimasta impigliata l'infanzia di chi è nato nella seconda metà del Novecento.
Gli parlerebbero della colla Coccoina che alle elementari tutti abbiamo sniffato e alcuni assaggiato. Gli darebbero risposte poetiche-"il profumo delle edicole" e "l'odore dei paesi al mattino"- per descrivere l'odore di carta e inchiostro e quello dei forni del pane. Gli intervistati parlerebbero anche dei fantasmatici effluvi dei rotoli delle macchine per scrivere e della carta carbone, o dell'aroma della naftalina e delle pellicce negli armadi. Gli narrerebbero le fragranze della cera e le sensazioni gemelle del rumore di lucidatrice e di pattine sotto i piedi. Ricorderebbero gli odori del pongo e del das, dei dopobarba dei nonni,dell'acetone per le unghie delle mamme e dell'olio solare al cocco sulle spiagge d'estate. Le femmine racconterebbero - come hanno fatto con me nel mio piccolo - di lucidalabbra profumati, i maschi dell'indimenticabile profumo del Super Tele Rigonfiabile. Parlerebbero dell'alcol denaturato e del mercurocromo. Risentirebbero nelle narici l'afrore rancido dei miliardi di sigarette Nazionali o Alfa di cui era impregnato ohni bar della galassia.
Anche Proust, come è capitato a me, ascolterebbe descrizioni (ma gli odori si possono veramente descrivere?) di saponi di marsiglia, shampi alla mela verde e bgnoschiuma improbabili - alla primavera in Scandinavia o al pino silvestre - con cui ci lavarono quando eravamo bambini. Borotalco sulla pelle dopo il bagno. Grasso delle catene di bici. Polvere di gesso nelle narici alla lavagna. E poi varcherebbe il confine tra gusto e odorato, tra il naso e la lingua, sapore dei francobolli che i grandi a volte ti facevano leccare, e ci si avventurerebbero nello sconfinato del dolce e del salato, tra caramelle Rossana e Ambrosoli al miele, di marca Sugus o Charms, ginevrine colorate e galatine quadrate, gli parlerebbero della manna e della Terra Cattù che si compravano in farmacia come Citrosodina, Idrolitina, Neo Borocillina e gli sciroppi per la tosse.
E giù nella gola, nelle giornate polverose e sudate di luglio, la 7 Up, l'orzata e il tamarindo, i ghiaccioli all'anice, tra i denti d'inverno le caldarroste, lo zucchero filato e il latte condensato, e a merenda i biscotti Hurrà Saiwa, i Buondì Motta e le Girelle soprattutto ("la morale è sempre quella") che ci sono ancora e che forse rimangono la vera madeleine di quest'epoca.