martedì 17 gennaio 2012

Non è la gelosia...parte prima, G.Guareschi.


NO, NON E’ LA GELOSIA…

Decisi di andare a fare un sopralluogo alla casa nuova e siccome, abbandonato per terra, tra le macerie della casa nuova c’era un apparecchio telefonico funzionante, dissi a Margherita: - Se qualcuno mi cercasse, telefonami. – Si parla qui di macerie della casa nuova non per fare del paradosso, ma perché, in definitiva, quella che comunemente viene definita la casa nuova è quasi sempre un decrepito baraccone pieno di polvere e di ragnatele, una gran macchina dannata che continua a inghiottire quattrini e dà soltanto calcinacci.
Io non racconto mai cose originali: io sono il modesto e pignolissimo cronista della vita piccola del mondo piccolo e prendo nota di tutte le minuterie più banali che succedono in famiglia. La mia carriera di scrittore è cominciata in terza elementare quando mi assegnarono il tema:”Descrivete la vostra cameretta e la vostra casa”.Mi trovai a mio agio con quel tema anche perché, non possedendo io allora una cameretta mia, potei prendere la cosa per il verso giusto:”La mia cameretta confina a nord col muro, a sud con la ghiacciaia, a est con la credenza, a ovest con l’armadio delle pentole, in basso col pavimento e in alto con la mensola del fornello a gas. La mia cameretta ha la forma di un credenzino situato appunto sotto la mensola del fornello a gas. Alla sera si apre il credenzino e si tira fuori una rete metallica che, quando è allungata, confina con la ghiacciaia; sulla rete metallica viene messo un materasso con un lenzuolo. Poi sul lenzuolo vengo messo io. Siccome il lenzuolo è da letto matrimoniale, ripiegandolo a un lato mi copre anche nella  parte superiore. Poi sul lenzuolo c’è una coperta di lana, sulla coperta di lana una coperta di cotone a fiori e sulla coperta a fiori c’è una grossa lastra di marmo perché il letto parte dal fornello a gas, passa sotto la tavola e arriva fino alla ghiacciaia.
“Il  babbo adesso è molto preoccupato perché dice che divento sempre più alto e così, se continuo a crescere, bisognerà aprire lo sportello e farmi dormire coi piedi dentro la ghiacciaia.
“Mio fratello, essendo ancora neonato, dorme nel cassetto in fondo del comò in camera da letto. Mia mamma dice sempre che se il letto dei miei genitori non toccasse col davanti l’armadio e se si potesse aprire il cassetto in fondo all’armadio, mio fratello dormirebbe più comodo. Mio babbo è molto ingegnoso e siccome il davanti dell’armadio tocca il davanti del letto ha segato per bene la parte superiore dell’armadio e così possiamo cavare fuori gli abiti dall’alto.
“ Questa però non sarebbe la camera da letto,ma il tinello e quindi è un po’ stretta adesso abbiamo fatto il tinello in corridoio, mentre vi sarebbe nella mia casa anche una grande camera da letto in comunicazione con una piccola stanzetta che sarebbe la mia stanzetta, ma quando abbiamo fatto il trasloco mio babbo mise provvisoriamente tutti i mobili dentro la camera grande riempiendola fino al soffitto e adesso i mobili non si sa più come tirali fuori e mio babbo vorrebbe segarne due o tre, ma mia mamma non vuole perché i mobili sono fini e allora bisognerebbe allargare la parte, ma il padrone non vuole perché dice che verrebbe giù la casa. Quindi intanto che a mio babbo viene in mente la soluzione per tirare fuori i mobili la camera grande sarebbe come se non ci fosse. Idem per la camera piccola comunicante con la grande perché davanti alla porta c’è capitato il buffet della sala da pranzo e io ci potrei arrivare attraverso gli interstizi dei mobili, ma bisognerebbe fare un buco nel buffet e tutti dicono che sarebbe una pazzia.
“Dalle finestre non si può entrare essendo i cristalli e le tapparelle chiuse da mio babbo per via che il sole non rovini la vernice del mobilio. E poi l’appartamento è al quinto piano ed essendo la casa di sei piani, se ci fosse subito il solaio si potrebbe entrare da un buco superiore ma così è impossibile. Mio babbo vorrebbe cambiare casa, ma se non trova la soluzione di tirare fuori i mobili è meglio rimanere dove siamo.
“ Mio babbo spera che venga il terremoto. Io amo la mia casa.
“Casa mia, casa mia – per piccina che tu sia – tu mi sembri una badia”.


giovedì 12 gennaio 2012

Quella certa età, G.Guareschi, ultima parte.


A tavola mi fece la terza comunicazione:
-          Se non ti piace vai al ristorante.
Quello non era un desinare, ma una provocazione grave : minestra con  fagioli e cavoli, fritto con contorno di peperoni e cipolle, pane condito, formaggio gorgonzola, fichi secchi di quelli con le mandorle. In più: antipasto di sottaceti e alici in salsa piccante, vino moscato dolce come il miele.
Era palese la cura criminale usata nello scegliere ogni vivanda o bevanda che fosse micidiale per il mio stomaco: avrei avuto il diritto e il dovere di afferrare i quattro lembi della tovaglia e, fatto un fagotto di vivande e stoviglie, buttarlo fuori dalla finestra. Non battei ciglio e sorridendo mangiai ogni cosa.
Poi mi alzai e mi avviai verso il buffet.
-          Non ti scomodare – disse allora Margherita – Puoi rimetterti a sedere e incominciare a urlare che sono una criminale perché ho dimenticato di comprarti il bicarbonato!
Avevo un gatto vivo nello stomaco, ma risposi sorridendo:
-          Non cerco il bicarbonato: mi interessa un bicchierino di cognac.
Mi guardò con odio mortale.
Andai a sdraiarmi sulla poltrona di vimini all’ombra del portichetto e, di lì a dieci minuti, Margherita mi raggiunse.
-          Come si chiama quel famoso avvocato che è specializzato nei divorzi? – mi domandò perentoria.
Le dissi il nome e spiegai che non conoscevo l’indirizzo preciso: sapevo soltanto che abitava a Roma.
-          Lo troverò – esclamò Margherita – Così non si va più avanti. Divorzio! Anzi no! Sarebbe troppo comoda. Niente scandali : scomparirò senza lasciare traccia. Un giorno non mi troverai più. Mi cercherai e non mi troverai.
Accese una sigaretta, tirò qualche boccata poi la buttò via.
Mi fissò con un sorriso sarcastico:
-          Certo – esclamò – ti piacerebbe che io me ne andassi! E invece no! Rimarrò vicino a te, come l’ombra di Banco. Il criminale uccide e il cadavere si dissolve, diventa terra nella terra. A te non riuscirà il gioco: la tua vittima sarà sempre davanti ai tuoi occhi. Il mio cadavere ti perseguiterà.
Il cadavere vivente rientrò fieramente in casa e io andai a spasso per i boschi.
Tornai all’ora di cena e sentii che il cadavere vivente cantava.
Mi sedetti a tavola e di lì a poco arrivò l’ombra di Banco portando riso in bianco e verdura passata.
-          Di sera fa fresco- mi comunicò cordialmente Margherita – S’incomincia a sentire l’autunno.
-           - S’incomincia sì, purtroppo – risposi con molta tristezza.


mercoledì 4 gennaio 2012

Quella certa età...Giovannino Guareschi, parte seconda.


Margherita si scostò i capelli che le ottenebravano l’occhio destro: fu questione di un istante perché subito il sipario si riabbassò, ma il balenio di quella pupilla mi trafisse come l’acuta e sottile lama di un pugnale.
Si avviò decisa verso la porta ma, giunta sulla soglia, si volse:
-          Se permetti che io respiri – disse a denti stretti – avrai la tua stramaledetta colazione.
-          Non ti scomodare – risposi con voce sommessa – ho già fatto colazione.
Disparve, ma dopo mezz’ora me la trovai davanti : si era ravviata i capelli e i suoi occhi adesso mi fissavano con tutta la loro intensità. Con orrore il destro e con disgusto il sinistro.
-          Giovannino – disse, e la sua voce tradiva lo sforzo sostenuto dalla titolare della voce stessa per dominarsi – rifacendoti la stanza e il bagno hai voluto forse dimostrarmi che non hai più bisogno di me?
Scossi il capo e allargai le braccia:
-          No, Margherita – le spiegai con dolcezza – Tutti se ne sono andati e siamo rimasti noi due soli, qui io intendevo semplicemente collaborare con te. Quando abitavamo a Milano e non potevamo permetterci il lusso di avere una persona di servizio, io ti ho sempre aiutato. E d’estate, mentre tu eri in villeggiatura, io mi arrangiavo sempre da solo…
Ebbe uno scatto felino:
-          Giovannino – gridò – vuoi forse rinfacciarmi i sacrifici che tu sostenevi per mandarmi a folleggiare al monte o al mare?
-          No, Margherita, intendevo soltanto spiegarti che riordinando la mia stanza, pulendo il bagno o preparandomi la colazione, mi par quasi di ritornare ai bei tempi della nostra felice giovinezza. Ripetendo gli atti d’allora, io ritrovo i pensieri di allora…
Uscì e per mezz’ora non ne ebbi più notizia.
Quando tornò, aveva la borsa della spesa e mi si piantò davanti aggressiva:
-          Ho bisogno di quattrini! – disse con malgarbo.
Tolsi di tasca il portafoglio e glielo porsi:
-          Prendi il danaro che ti serve – le spiegai – Se non ti basta, ne troverai dell’altro nel cassetto del mio comodino.
Margherita respinse sdegnosamente il mio danaro:
-          Io non sono una donna cui si getta ai piedi una borsa di danaro spiegando : “Ecco, pagata io l’ho “ Io non sono la Traviata! – scomparve.
Continuai il mio lavoro in piena tranquillità fino alle dodici e trenta fino cioè al momento in cui Margherita s’affacciò alla porta del mio studio per comunicarmi con rancore:
-          Se permetti che io tiri il fiato ti preparo anche il tuo stramaledetto desinare!
Dieci minuti dopo riappariva comunicandomi con pari rudezza che, se intendevo lasciar freddare il desinare per poter poi dire che era immangiabile, avevo sbagliato i miei calcoli:
-          O scendi subito o ti porto il mangiare qui, sulla macchina per scrivere.