domenica 20 novembre 2011

MY LITTLE PARIS...la Parigi Segreta delle Parigine, ed.L'Airone.

Il vostro ultimogenito disegna come un dio. Non vi stancate mai di decantare le sue doti alle vostre amiche: quel tratto di matita, che maestria! E che incredibile scelta di colori! Non ci sono dubbi: dall'alto dei sue due anni e mezzo, è un Picasso in calzoncini corti.
E' il momento di rendere giustizia a questo giovane talento. Spedite lo scarabocchio che preferite ai creatori del sito E-glue: trasformeranno il capolavoro del pargolo in vinile gigante adesivo da incollare alle pareti.

sabato 19 novembre 2011

NON SPARGERE LACRIME.j.keats

Non spargere lacrime - pensa a ciò che sarà:
Un altr'anno ancora il fiore sboccerà!
Non pianger più - prepara i tuoi occhi felici,
Dormono le giovani gemme nel cuore bianco delle radici!
Asciugati gli occhi - asciugati il viso:
Ho imparato in Paradiso
A calmare il mio petto dolente
Cantando le sue melodie. Su, smetti quello sguardo piangente.


Di là, guarda di là -
Tra i colori ricchi dei nascenti lillà -
Su, guarda in alto: volo lontano
Sul ramo di questo vermiglio melograno.
Guardami - è questa piccola roncola d'argento
Che da sempre cura l'uomo del suo scontento.


Non spargere lacrime - pensa a ciò che sarà:
Un altr'anno ancora il fiore sboccerà!
Addio, - addio - volo via, io;
E svanisco nell'azzurro dell'aria -
                        Adieu, adieu!

mercoledì 16 novembre 2011

All'Hotel senza Saint-Loup, Marcel Proust

Quando posai i piedi per la prima volta su quei gradini, familiari prima ancor d'esser conosciuti, ne ricevetti quel risparmio di sforzo che ci concedono solo le cose di cui abbiamo lunga consuetudine, come se essi possedessero, depositata, forse incorporata in loro dai padroni di un tempo che ogni giorno accoglievano, la dolcezza anticipata di abitudini che non avevo ancora acquisito e che anzi avrebbero potuto solo indebolirsi qualora fossero divenute mie. Aprii una stanza, la doppia porta si richiuse dietro di me, le tende fecero entrare un silenzio sul quale mi sentii come una sorta di inebriante regalità; un camino di marmo decorato di rami cesellati,che a torto si sarebbe creduto saper rappresentare solo l'arte del Direttorio, mi offriva del fuoco, e una bassa poltroncina mi aiutò a scaldarmi così confortevolmente come se mi fossi seduto sul tappeto. Le pareti serravano la stanza, la separavano dal resto del mondo e, per lasciarvi entrare e racchiudervi ciò che la arredava, si scostavano davanti alla biblioteca, riservavano una rientranza per il letto ai cui due lati due colonne sostenevano lievemente il soffitto sopraelevato dell'alcova. E la stanza era prolungata nel senso della profondità da due salotti larghi quanto essa, di cui l'ultimo aveva, sospeso alla parete, per profumare il raccoglimento che vi si veniva a cercare, un voluttuoso rosario di semi di iris; le porte, se le lasciavo aperte mentre mi ritiravo in quell'ultimo recesso, non si accontentavano di triplicarlo, senza che esso cessasse di essere armonioso, nè si limitavano a far assaporare al mio sguardo il piacere dell'estensione dopo quello della concentrazione, ma al piacere della mia solitudine, che restava inviolabile pur cessando di essere imprigionata, aggiungevano anche il sentimento della libertà. Quello stambugio dava su una corte, bella solitaria che fui felice di avere per vicina quando, il mattino seguente, la scoprii, prigioniera tra le sue alte mura dove non si affacciava una sola finestra, e con due soli alberi ingialliti che bastavano a dare una dolcezza di malva al cielo puro.
Prima di andare a letto volli uscire dalla mia stanza per esplorare tutto il mio fatato dominio. Camminai seguendo una lunga galleria che in successione mi fece omaggio di tutto ciò che essa aveva da offrirmi se non avessi avuto sonno, una poltrona riposta in un angolo, una spinetta, su una mensola un vaso di maiolica blu pieno di cinerarie, e in una cornice antica il fantasma di una dama d'altri tempi coi capelli incipriati disseminati di fiori azzurri,e con un mazzo di garofani in mano.

sabato 12 novembre 2011

XXXIX LETTERA A FANNY BRAWNE

Mia carissima Fanciulla,
 vorrei che inventassi un qualche modo per rendermi felice senza di te. Ad ogni ora mi concentro sempre più su di te; ogni altra cosa e tutto il resto ha un sapore di paglia nella mia bocca. Sento che è quasi impossibile andare in Italia. Il fatto è che non posso lasciarti e che non gusterò mai un minuto di gioia, finchè non piaccia al destino di lasciarmi vivere con te per davvero. Ma non andrò avanti per molto così. Una persona in buona salute come te non può avere idea degli orrori che patiscono dei nervi e un temperamento come il mio. In quale Isola vorrebbero ritirarsi i tuoi amici? Sarei felice di recarmi là con te, noi due soli, ma sarei contrario alla compagnia; le maldicenze e le gelosie di questi nuovi coloni che non hanno altro per divertirsi, sono insopportabili. Il signor Dilke è venuto a trovarmi ieri e mi ha dato più fastidio che piacere. Non sarò mai più capace di sopportare la compagnia di uno solo di coloro che si riunivano a Elm Cottage e a Wentworth Place. Gli ultimi due anni hanno sapore di metallo sul mio palato. Se non potrò vivere con te vivrò solo. Non credo che la mia salute migliorerà di molto mentre starò lontano da te. Per tutto questo sono contrario a vederti - non posso sopportare sprazzi di luce per poi tornare nelle mie tenebre. Ora non sono così infelice come lo sarei se ti avessi vista ieri. Esser felice con te sembra talmente impossibile! Richiede una Stella più fortunata della mia! Non avverrà mai. Accludo un passo di una delle tue lettere che vorrei tu modificassi leggermente - vorrei ( se ti aggrada ) che ti esprimessi con minor freddezza nei miei confronti. Se la salute me lo consentisse, scriverei una Poesia che ho in testa e che potrebbe confortare chi si trovasse in una situazione simile alla mia. Vorrei rappresentare uno innamorato come me di una persona che vive liberamente come te. Shakespeare riassume sempre le cose in modo sublime. Il cuore di Amleto era colmo di infelicità come il mio quando diceva a Ofelia: <Va', vattene in un convento!> Davvero mi piacerebbe rinunciare subito a tutto, mi piacerebbe morire. Sono nauseato dal mondo brutale al quale tu sorridi, odio gli uomini, e più ancora le donne. Nel mio futuro non vedo altro che spine - dovunque io sia il prossimo inverno, in Italia o in nessun luogo, Brown ti sarà vicino con le sue sconvenienze. Non vedo alcuna prospettiva di riposo. Supponi che fossi a Roma - bene, di là ti vedrei come in uno specchio magico andare e venire dalla città a tutte le ore... Vorrei che tu infondessi nel mio cuore un po' di fiducia nella natura umana. Io non posso averne alcuna - il mondo è troppo brutale per me. Sono contento che esista una cosa come la tomba - sono sicuro che non avrò requie che là. In ogni caso mi concederò la soddisfazione di non vedere più Dilke o Brown e nessuno dei loro amici. Vorrei essere fra le tue braccia colmo di fiducia, o che un fulmine mi colpisse.
Che Dio ti benedica
J.K.


giovedì 10 novembre 2011

letture serali...da I GUERMANTES, marcel proust

Una persona non è,come avevo creduto, limpida e immobile dinanzi a noi con le sue qualità, i suoi difetti, i suoi progetti, le sue intenzioni nei nostri confronti ( come un giardino osservato, con tutte le sue aiuole, attraverso un'inferriata ), ma un'ombra in cui non ci è dato di penetrare, della quale non esiste una conoscenza diretta, e riguardo alla quale ci facciamo un certo numero di opinioni con l'aiuto di parole e magari di azioni che, le une come le altre, ci restituiscono solo informazioni insufficienti e del resto contraddittorie, un'ombra in cui di volta in volta possiamo immaginare, con altrettanta verosimiglianza, che brillino l'odio e l'amore.


lunedì 7 novembre 2011

ALL'OPERA, da I Guermantes di M.Proust

Ma, negli altri palchi, quasi ovunque, le bianche divinità che abitavano quelle oscure dimore si erano rifugiate a ridosso delle pareti buie e restavano invisibili. Tuttavia, a mano a mano che lo spettacolo procedeva, le loro forme vagamente umane si stagliavano mollemente l'una dopo l'altra dalle profondità della notte che esse tappezzavano e, affiorando verso la luce, lasciavano emergere i loro corpi seminudi e venivano a fermarsi a quel limite verticale, a quella superficie chiaroscura dove i loro visi brillanti apparivano dietro il mareggiare ridente, schiumoso e leggero dei loro ventagli di piume, sotto le chiome di porpora tempestate di perle che sembravano mosse dalla corrente; poi cominciavano le poltrone della platea, soggiorno dei mortali separato per sempre dallo scuro e trasparente regno cui qua e là servivano da frontiera, nella loro superficie limpida e piana, gli occhi limpidi e riflettenti delle dee delle acque. Infatti gli strapuntini della riva, le forme dei mostri della platea si pettinavano in quegli occhi unicamente secondo le leggi dell'ottica e secondo il loro angolo d'incidenza come succede per quelle due parti della realtà esterna alle quali, sapendo che non posseggono, per quanto rudimentale sia, un'anima analoga alla nostra, ci giudicheremmo pazzi se rivolgessimo loro un sorriso o uno sguardo: i minerali e le persone con cui non siamo in relazione. Al di qua invece del confine del loro dominio, le radiose figlie del mare si giravano di continuo sorridendo verso quei tritoni barbuti sospesi alle anfrattuosità dell'abisso, o verso qualche semidio acquatico che aveva per cranio un ciottolo levigato sul quale un'onda aveva posato un'alga liscia, e per sguardo un disco di cristallo di rocca. Esse si chinavano verso di loro, offrivano loro dei confetti; talvolta l'onda si schiudeva davanti a una nuova nereide che, tardiva, sorridente e confusa, era appena sbocciata dal profondo dell'ombra; quindi, alla fine dell'atto, senza più speranza di ascoltare i suoni melodiosi della terra che le avevano attirate alla superficie, tuffandosi tutte insieme, le divine sorelle si dileguavano nella notte. Ma di tutti quei recessi, alla cui soglia le dee curiose erano condotte dal vago desiderio di scorgere le opere degli uomini, il più celebre era il blocco di semioscurità noto sotto il nome di palco della principessa di Guermantes.
Come una gran dea che assiste da lontano ai giochi delle divinità inferiori, la principessa era rimasta volontariamente nascosta su un canapè laterale, rosso come uno scoglio di corallo, accanto a un ampio riverbero vitreo che probabilmente era uno specchio e faceva pensare alla sezione che un raggio di luce avrebbe prodotta, perpendicolare, oscura e liquida, nel cristallo luminoso delle acque. Insieme piuma e corolla, come certe infiorescenze marine, un gran fiore bianco, lanuginoso come un'ala, scendeva dalla fronte della principessa lungo una delle guance, della quale assecondava la curva con una leggerezza civettuola, amorosa e viva, e sembrava racchiuderla a metà come un uovo rosa nella morbidezza d'un nido d'alcione. Sulla capigliatura della principessa, abbassandosi fino alle sopracciglia, poi ripresa più in basso all'altezza del seno, era tesa una reticella fatta di quelle conchiglie bianche che si pescano in certi mari australi, frammiste a perle, mosaico marino uscito appena dalle onde che a momenti si trovava immerso nell'ombra, in fondo alla quale, perfino allora, una presenza umana era rivelata dalla splendente mobilità degli occhi della principessa. La bellezza che la poneva ben al di sopra delle altre figlie favolose della penombra non era per intero materialmente ed esclusivamente inscritta nella nuca, nelle spalle, nelle braccia, nella vita; ma la sua linea deliziosa e incompiuta era l'esatto punto di partenza, l'avvio inevitabile di linee invisibili che l'occhio non poteva impedirsi di prolungare, meravigliose,generate attorno alla donna come lo spettro di una figura ideale proiettata sulle tenebre.

domenica 6 novembre 2011

MY LITTLE PARIS...la Parigi Segreta delle Parigine, ed.L'Airone.

IN QUESTO ANTRO SEGRETO DESIGNER,FOTOGRAFI E CINEASTI VENGONO AD AFFITTARE I MOBILI CHE DECORERANNO I LORO SET. e' ANCHE LA DESTINAZIONE PREFERITA DI COLLEZIONISTI E AMATORI, CHE QUI VENGONO A DARE LA CACCIA AL GIOIELLINO DESIGN DEL MOMENTO.
PENETRANDO NEL MAGAZZINO XXO SI HA L'IMPRESSIONE DI PIOMBARE IN UNA FAGLIA SPAZIO-TEMPORALE: ARREDI DI SET CINEMATOGRAFICI, MOBILI STRAVAGANTI E OGGETTI INSOLITI DELLA SECONDA META' DEL VENTESIMO SECOLO CONVIVONO IN UNO SPAZIO DI 2000 METRI QUADRATI.
IL MAGAZZINO APRE LE PORTE AGLI AMATORI IL PRIMO SABATO DI OGNI MESE.

778 rue de la Fraternité-93239 Romainville
www.xxo.com

sabato 5 novembre 2011

XXXVIII LETTERA A FANNY BRAWNE

Mia carissima Fanny ,
 stamane ho la testa confusa e so a malapena cosa dirò, benchè sia pieno di cento pensieri. Certo è che preferisco esser qui a scriverti, anche se a questa occupazione si unisce il dolore, piuttosto che godere di qualsiasi altro piacere, e addirittura della salute, che non sia in relazione con te. Ti giuro sulla mia anima, ti ho amata fino all'estremo. Vorrei che sapessi con quanta Tenerezza continuo a ripensare alle differenti espressioni del tuo viso, a ogni tuo gesto, a ogni tuo vestito. Ti vedo scendere al mattino, ti vedo che mi vieni incontro alla Finestra, vedo e rivedo eternamente ogni cosa già vista. Se seguo il registro gaio, vivo in una specie di miseria felice, se seguo quello triste la mia miseria è miserevole. Mi accusi di maltrattarti con le parole, i pensieri, le azioni - me ne dispiaccio - talvolta sono amaramente dispiaciuto di averti resa infelice, a mia discolpa posso dire che quelle parole mi sono state strappate dalla violenza dei miei sentimenti. Comunque sia, e in ogni caso, ho sbagliato, potessi credere di averlo fatto senza una ragione, sarei il più sincero dei Penitenti. Cederei subito al pentimento, mi rimangerei tutti i miei sospetti, mi fonderei con te, nell'Anima e nel cuore, anche quando non ci sei se non fosse per certi passi delle tue lettere. Credi davvero che io possa mai lasciarti? Sai cosa penso di me e di te. Sai che la vivrei come una perdita tanto grande per me quanto piccola per te. I miei amici ridono di te! Lo so  di alcuni di loro - se dovessi sapere che lo fanno tutti, non li riterrò più miei amici e nemmeno conoscenti. I miei amici si sono comportati bene con me in ogni occasione tranne una, quando sono stati chiacchieroni e curiosi del mio comportamento: spiando un segreto che morirei, piuttosto che confidare ad alcuno. Per questo non posso augurar loro del bene e non m'importa di non rivederli più. Se ne sono l'Oggetto, non sarò l'Amico di oziosi pettegolezzi. Buon Dio, che vergogna diventerebbe il nostro Amore passato al microscopio di una combriccola. Le loro risate non dovrebbero toccarti ( forse un giorno potrò spiegartele, perchè sospetto di essere abbastanza odiato, per motivi che conosco, da alcune persone che hanno finto una grande amicizia) essendo dettate dalla rivalità nei confronti di uno che, se non ti rivedesse più, farebbe di te la Santa della sua memoria. Coloro che ridono, non ti hanno in simpatia, ti invidiano per la tua Bellezza, avrebbero voluto che mi separassi da te per sempre, facevano di tutto per scoraggiarmi dall'amarti in eterno. La gente è vendicativa - non badarci - non devi fare altro che amarmi - se ne avessi la certezza, la vita e la salute sarebbero un paradiso, e la stessa morte sarebbe meno dolorosa. Desidero ardentemente credere nell'immortalità. Non sarò mai capace di dirti del tutto addio. Se sono destinato ad essere felice qui con te - quanto sarà breve la vita più lunga! Desidero credere nell'immortalità - desidero vivere con te per sempre. Che non si faccia il mio nome fra te e quelle persone che ridono. Se non ho altro merito che il mio grande Amore per te, ciò sarà sufficiente a custodirmi sacro e innominabile fra gente simile. Se mai sono stato crudele e ingiusto, giuro che il mio amore è sempre stato più grande della mia crudeltà che non dura che un minuto, mentre il mio Amore, accada quel che accada, durerà per sempre. Se le concessioni che mi hai fatto hanno ferito il tuo Orgoglio, Dio sa quanto poco orgoglio ho avuto in cuore pensando a te. Il tuo nome non oltrepassa mai le mie Labbra - che il mio non oltrepassi le tue. Quella gente non mi ama. Vorrai vedermi anche dopo aver letto la mia lettera? Sono abbastanza forte per mettermi in cammino, ma non oso. Proverei troppa pena nel separarmi di nuovo da te. Mio dolcissimo amore, ho paura di vederti; sono forte, ma non abbastanza da vederti. Ti stringeranno di nuovo le mie braccia? E, se così sarà, dovrò di nuovo lasciarti? Mio dolce Amore, sono felice finchè credo alla tua prima lettera. Lasciami la certezza che sei mia, anima e cuore - e morirò con più gioia che non vivrei altrimenti. Se mi giudichi crudele - se credi che ti abbia ingannata - ripensaci bene e guarda nel mio cuore. Il mio amore per te è " vero come la semplicità del vero stesso e più semplice dell'infanzia del vero " come mi pare di averti già detto una volta. Come potrei ingannarti? Come potrei minacciare di lasciarti? Non con l'intento di minacciare te, ma con quello di rendermi infelice. Mia bellissima, mia deliziosa, mia angelo Fanny! Non credere che io sia una persona così vile. Sarò paziente nella malattia e fiducioso nell'Amore per quanto potrò.
Il tuo sempre mia diletta
John Keats.